Nazioni celtiche
Il termine nazioni celtiche si riferisce ai territori dell’Europa settentrionale e occidentale in cui sono sopravvissuti alcuni tratti culturali riconducibili alle culture celtiche.
Stando alla definizione data dalla Celtic League, i sei territori riconosciuti come “nazioni celtiche” sono la Bretagna (Breizh), la Cornovaglia (Kernow), il Galles (Cymru), l’Irlanda (Éire), l’Isola di Man (Mannin) e la Scozia (Alba). In ciascuna di queste regioni, esiste una parte di popolazione che parla una lingua di origine celtica o che la parlava fino a tempi piuttosto recenti.
Alcune aree della Spagna nord-occidentale (in particolare Galizia, Cantabria e Asturie) sono talvolta identificate come “nazioni celtiche” per il loro retaggio culturale, nonostante la lingua celtiberica sia considerata estinta a partire dal IV secolo, periodo in cui è stata completamente soppiantata da altre lingue di origine neolatina. |
Ruota dell’Anno Celtico
I Celti celebravano quattro grandi festività annuali legate ai cicli della Natura e alle sue stagioni: Samhain, Imbolc, Beltane e Lughnasadh. Erano chiamate anche “Feste del Fuoco” perché in queste occasioni avveniva l’accensione di un fuoco druidico rituale.
Consistenti tracce di queste antiche celebrazioni si ritrovano nella cultura popolare e contadina di tutta Europa e si celebrano in varie forme ancora oggi.
Il calendario celtico si basava su un computo complesso, regolato sia dal ciclo solare che da quello lunare. Il ciclo solare scandiva l’anno in due fasi, segnate dalla festa di Samain e di Beltane; queste due fasi principali erano ulteriormente divise in due parti uguali, segnate dalle festività minori di Lugnasad e Imbolc. Erano festività del fuoco. Nella festa di Samain, il primo novembre, ha inizio la parte oscura dell’anno. In tale occasione le porte degli inferi si aprivano e gli spiriti dei morti tornavano a vagare nel mondo terreno. Il 1 maggio incominciava invece la parte luminosa dell’anno, con la festa di Beltane che significava “fuoco di Bel” dedicata probabilmente a Belenus. Il primo agosto era la volta della festa di Lugnasad in cui si festeggiava la mietitura e il nuovo raccolto, celebrando la fertilità della terra, dedicato al dio Lúg. Il 1 febbraio si celebrava invece la festa di Imbolc (letteralmente”latte di pecora”) che era una festa di purificazione e rinascita, in cui si celebrava la Dea Madre e si festeggiava la nascita degli agnelli. Durante la celebrazione il latte veniva versato copiosamente sulla terra a simboleggiare la fertilità. Accanto a queste che erano le date più importanti del calendario solare, c’erano delle date variabili legate al calendario lunare.
|
SAMHAIN
[ Samhain ] (in irlandese ˈsɑː.wɪn, /ˈsaʊ.ɪn/ o /ˈsaʊn/, ma comunemente pronunciato /’sam.aɪn/ o all’inglese /’sam.eɪn/ fuori dall’Irlanda)
Scritto anche Sauin (alla mannese) e chiamato anche Samonio in italiano, è una festa pagana di origine gaelica che si celebra tra il 31 ottobre e il 1º novembre, questa festività è spesso conosciuta anche come Capodanno celtico. Il nome Samhain è in irlandese moderno, e deriva da una parola in irlandese antico, samain, samuin, o samfuin, che potrebbe significare “fine dell’estate”. Successivamente è diventato anche una festività neopagana che si celebra negli stessi giorni, in particolare nel Celtismo e nella Wicca; secondo la Ruota dell’Anno, nell’emisfero australe Samhain si celebra tra il 30 aprile e il 1º maggio.
Le celebrazioni di Samhain, sia quelle religiose sia quelle folcloristiche, hanno origine da un’antica festività del paganesimo celtico che si suppone abbia influenzato anche la festa popolare di halloween e la festività cristiana di Ognissanti. In irlandese moderno Samhain è il nome del mese di novembre.
|
DUMANNIOS
(tempo dell’oscurità più profonda)
Per i celti era il secondo mese del calendario, cominciava il periodo invernale, questo mese contava 29 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da novembre a dicembre. Duman(nius) è pure definito come Mese delle fumigazioni. È la forma abbreviata di dumanios o dumanos o dumanis, lo si trova anche come dumann, dumn e al genitivo come dumanni, dumani. È prossimo al termine latino fumus, sanscrito dhumah, lituano dumai = “fumoso”, greco thumos = “anima, cuore”, e thumiao = “fare fumare”. La relazione tra “fumo, vapore” e “anima, forza vitale” è insita nel termine e potrebbe indicare la natura sacrificale e senza dubbio rituale di questo mese.
|
La Celebrazione di Yule, il Natale Celtico
21 dicembre
Yule è una festività solare e cade nel primo giorno d’inverno. Yule è conosciuta anche come la notte del Solstizio Invernale.
Questo periodo, caratterizzato dalle feste dedicate al dio sole, veniva già festeggiato dagli antichi Egizi e nell’antica Roma, con i Saturnali, feste queste ultime che videro l’introduzione nelle celebrazioni di candele, canti ed orge.
La celebrazione del solstizio d’inverno si diffuse rapidamente in tutta Europa e nacque così nelle campagne la festività di Yule, legata alla celebrazione del sole e della madre terra che si prepara, riscaldata dai primi raggi, alla futura semina.
Tra i vari temi legati a Yule il principale è quello della battaglia tra il vecchio Re dell’Agrifoglio, simbolo di oscurità e di vecchiaia, e il giovane Re della Quercia che simboleggia la luce del nuovo anno.
Il vecchio sovrano viene simbolicamente ucciso e il giovane Re prende il suo posto sul trono per governare.
Con il rito del ceppo di Yule si perpetua ogni anno, oltre alla tradizione di stringersi tutti attorno al fuoco, anche questa antica e ripetuta battaglia.
Da tutto questo e dalle pratiche che seguono, è facile arrivare alla conclusione ed alla comprensione del perché la chiesa cristiana avesse scelto questo periodo per festeggiare la natività del Cristo (nato in realtà dopo la primavera) e perché avesse fatto sue anche queste celebrazioni inglobandole gran parte nei suoi festeggiamenti.
Troppo radicata era la festa del solstizio invernale, troppo sentiti i festeggiamenti e le antiche tradizioni legati alla rinascita del dio sole e al risveglio della terra da parte dei popoli, per non sovrapporsi ad esse, con la speranza di sradicarle dalla mente delle genti.
Il Cristo viene comunque associato al Sole come simbolo di luce vivificante e quindi entrambe le festività possono fondersi tranquillamente tra loro senza contrasti; chi conosce la Magia Bianca lo sa.
I festeggiamenti del Solstizio si protraggono quindi per tutto il periodo Natalizio (Sol Invictis), con il quale, come abbiamo detto, coincidono; ed è in questa notte che molte streghe si tramandano per tradizione i segreti dell’Arte.
IL SOLSTIZIO INVERNALE
Il Solstizio d’Inverno è il passaggio dalle Tenebre alla Luce, è da questo giorno che il sole resta progressivamente sempre più a lungo nel cielo allungando così le nostre giornate. Questa è una festa di luce, dai profondi messaggi iniziatici ed esoterici legati al risveglio interiore.
Si passa dallo stadio alchemico della NIGREDO per raggiungere l’oro filosofico.
Questo è l’inizio della fase “SOLVE ET COAGULA” morte e rinascita, purificazione ed elevazione.
Le porte Solstiziali sono controllate dai due Giovanni; il Battista al solstizio estivo e l’Evangelista a quello invernale.
Il solstizio stesso è chiamato “la porta”, un tempo custodita dal guardiano Giano Bifronte (con l’avvento del cristianesimo il romano Giano dai due volti ha ceduto il posto ai due Giovanni) che sono il simbolo di una contemporanea esistenza di due dimensioni, che durante i solstizi si congiungono e le porte sono aperte ed è permesso il varco; è il tempo della morte simbolica dell’adepto che si avvicina al rito iniziatico.
“IO SONO LA PORTA , da una entrano gli uomini, dall’altra escono gli Dei”.
Questa è la raffigurazione allegorica del cammino iniziatico.
Il Solstizio invernale è la prima ricorrenza della ruota dell’anno che comprende le feste e magiche, da qui ha inizio il nostro cammino esoterico che si snoda attraverso le altre e successive festività che ci purificano e ci arricchiscono, sino all’elevazione del nostro spirito che ha luogo con il passaggio della seconda porta solstiziale, quella estiva.
Sono le fasi alchemiche, il risveglio della terra che prepariamo per il prossimo raccolto.
Autocontemplazione, morte simbolica e risveglio al nuovo stadio. Lo specchio è il suo simbolo espresso magistralmente nella frase: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Ocuitum Lapidem. Il V.I.T.R.I.O.L. alchemico che ci da la sintesi del processo: Visita ‘l’interno della terra” cioè la profondità del tuo essere e purificando, troverai la Pietra nascosta.
E’ la “Cauda Pavonis”, l’avvicinamento ai quattro Elementi: Acqua, Aria, Terra e Fuoco, che formano l’impalcatura del Sé, che va ora incontro ad un processo di purificazione, camminando verso la Luce bianca (Albedo, Candiemas).
GIOVANNI REGGE UN CALICE AL CUI INTERNO VI E’ UN SERPENTE. BEVI DA QUESTO CALICE, CHE RICORDA IL GRAAL CON TUTTI I SUOI SIGNIFICATI SIMBOLICI ED ERMETICI, SUBLIMA IL SERPENTE INGERITO, RENDI INNOFFENSIVO IL VELENO DA CUI ESTRAI UN ELISIR CHE DONERA’ GIOVINEZZA ED ELEVAZIONE, POTENZA E NUTRIMENTO PER IL CORPO E PER LO SPIRITO.
Pratiche:
• Per la tavola usare un panno bianco. La tavola va decorata con sempreverdi, euforbia, rosmarino, agrifoglio, vischio e edera. Le tre candele da usare sono di colore rosso (simbolo del sangue del parto), bianche (simbolo dell’innocenza della nuova vita) e verde (simbolo della crescita).
L’incenso di Yule è composto da camomilla, zenzero, pino e salvia.
Ci si dovrebbe alzare prima dell’alba per poter ammirare il sorgere del sole. Per assicurarsi buona fortuna e prosperità ungere una candela con olio vegetale e fatela passare nella camomilla secca. Accendete la candela e lasciatela consumare.
Decorate il ceppo di quercia con il sempreverde poi accendetelo nel camino pronunciando le seguenti parole:
“Vecchio Re grazie di tutto. Per le lezioni apprese, per le battaglie superate. Ti diciamo addio perché da stasera il tuo regno cade nell’oblio. Giovane Re fatti avanti, è il tuo momento. Forte e potente diventerai e il tuo ardore ci donerai .”
• Il ceppo non deve ardere del tutto. Un pezzetto deve essere conservato per accendere il nuovo ceppo del prossimo Yule.
Si brinda al Sole con del succo d’arancia pronunciando queste parole:
“Giovane sole di amore e di luce sorgi in fretta, alto e luminoso svetta, Mentre nel cielo potere acquisterai sul nostro sostegno e amore contare potrai.”
• Dopo i festeggiamenti si raccolgono tutte le decorazioni di yule e si conservano per IMBOLC.
• Sul ceppo incidere una figura rappresentante il Sole utilizzando il coltello con il manico bianco, il Bolline e poi dargli fuoco nel caminetto.
• Per il pasto di Yule sono adatte le bevande calde come il punch e tè di ibisco o di zenzero mentre le portate tradizionali sono le noci, le mele, i dolci bagnati col sidro, e il maiale.
• Ai bambini donare un dolce di mele e arance aromatizzate con chiodi di garofano posto dentro un cesto di fronde sempreverdi e spighe di grano.
Le arance rappresentano il sole, le fronde sempreverdi l’immortalità, le spighe il raccolto futuro.
• L’agrifoglio, il vischio e l’edera decorano le case all’esterno e all’interno e sono un invito agli Spiriti della Natura di unirsi alla celebrazione.
Un ramoscello di agrifoglio và tenuto vicino alla porta per tutto l’anno.
Un simbolo solstiziale è il Vischio, pianta sacra per i DRUIDI che veniva recisa dall’albero su cui nasceva usando un falcetto d’oro e seguendo di una solenne cerimonia.
La raccolta del vischio avveniva specialmente in due momenti particolari dell’anno: a Samhain e nel Giorno di San Giovanni. Il Vischio era considerato la panacea per tutti i mali. E’ una pianta parassita che affonda le sue radici nell’altrui forza, non tocca terra e veniva considerato una emanazione divina.
Detto anche “scopa del fulmine”, gli antichi pensavano che nascesse quando la folgore colpiva un albero. Per rispetto a questa sua natura divina i DRUIDI lo tagliavano usando rispettosamente un falcetto d’oro.
|
RIUROS
(Tempo freddo)
Per i celti Riuros (mese del freddo intenso) era il terzo mese del calendario e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Dicembre a Gennaio.
Non ne sono conosciute abbreviazioni, normalmente il termine riuros viene messo in relazione all’omologo dell’irlandese arcaico réud “grande freddo”, al gallese rhew “gelo, freddo intenso”, al bretone reo e rev “grande freddo”, tutti termini derivanti dalla comune radice indoeuropea preus-, che ritroviamo anche nel latino pruina “gelata bianca” da cui l’italiano brina, nel germanico friosan “gelare” e nel sanscrito prusva “gelata”. Qualche studioso lo fa derivare da ro-iuos che significa “grande festa”, ma è una traduzione che contrasta troppo fortemente con l’interpretazione più comune.
|
ANAGANTIOS
(tempo per restare a casa)
Per i celti Anagantios era il quarto mese del calendario e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Gennaio a Febbraio.
Chiamato anche Anagan, mese del riposo, che sarebbe la forma abbreviata del termine [a]nagtio- che troviamo sul calendario di Coligny e il cui nominativo dovrebbe essere anagantios, benché di questa parola potrebbero essere possibili altre versioni. La particella an- iniziale è senza dubbio privativa e il tema -agantio- sembra essere una forma participiale della radice ag- “condurre, andare, portare”, nell’irlandese antico troviamo infatti ag- con il medesimo significato, nel gallese agit “essi vanno”, nel latino ago, etc. Perciò Anagan indicherebbe un periodo nel quale non si viaggia o forse vige il divieto di viaggiare, cioè in cui si resta e, probabilmente, si riposa. Il periodo dell’anno al quale fa riferimento, la fine dell’inverno, indica un momento in cui le provviste sono quasi terminate, la selvaggina scarseggia e la natura non si è ancora risvegliata, indicato perciò a preservare le energie.
|
IMBOLC
Imbolc (o anche Oimelc,o Imbolic) è l’antica festa irlandese del culmine dell’inverno, che cadeva tradizionalmente il 1º febbraio, nel punto mediano tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera. La celebrazione iniziava tuttavia al tramonto del giorno precedente, in quanto il calendario celtico faceva iniziare il giorno appunto dal tramonto del sole.
Imbolc è una delle quattro feste celtiche, dette “feste del fuoco” perché l’accensione rituale di fuochi e falò ne costituiscono una caratteristica essenziale. In questa ricorrenza il fuoco è però considerato sotto il suo aspetto di luce, questo è infatti il periodo della luce crescente. La luce che è nata al Solstizio di Inverno comincia a manifestarsi all’inizio del mese di febbraio: le giornate si allungano poco alla volta e anche se la stagione invernale continua a mantenere la sua gelida morsa, ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando.
Gli antichi Celti, consapevoli dei sottili mutamenti di stagione come tutte le genti del passato, celebravano in maniera adeguata questo tempo di risveglio della Natura. Questo era il più difficile periodo dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano a scarseggiare. Pertanto, i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con uno stato d’animo che oggi, al riparo delle nostre case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica ad immaginare.
Non vi erano grandi celebrazioni tribali in questo buio e freddo periodo, tuttavia le donne dei villaggi si radunavano per celebrare insieme la Dea della Luce (le celebrazioni, come detto precedentemente, iniziavano la vigilia).
L’etimologia del termine Imbolc (pronuncia Immol’c) è controversa ma i significati rinviano tutti al senso profondo di questa festa. Infatti Imbolc pare derivare da Imb-folc, cioè “grande pioggia’ e in molte località dei paesi celtici questa data è chiamata anche “Festa della Pioggia”: ciò può riferirsi ai mutamenti climatici della stagione ma anche all’idea di una lustrazione che purifica dalle impurità invernali.
Invece Oimelc significa “lattazione delle pecore”, “latte ovino”, a indicare che in origine si trattava di una festa legata alle pecore da latte. In questo periodo venivano infatti alla luce gli agnellini e le pecore producevano latte. Il latte fresco, il formaggio, il burro e il siero di latte, per non parlare dei pasticci fatti con le code mozzate degli agnelli, costituivano spesso la differenza tra la vita e la morte per le persone anziane e i bambini, durante il gelo pungente di febbraio.
Mentre Imbolg vorrebbe dire ‘nel sacco” inteso nel senso di “nel grembo” con riferimento simbolico al risveglio della Natura nel grembo della Madre Terra e con un riferimento più materiale agli agnelli, nuova fonte di cibo e di ricchezza, che la previdenza della Natura e degli allevatori avrebbe fatto nascere all’inizio della buona stagione.In epoca cristiana la festa di Imbolc venne equiparata alla Candelora. Poiché la festa pagana era sotto gli auspici della dea Brígit (poi cristianizzata in Santa Brigida d’Iirlanda), si trasformò nella ricorrenza di Santa Brigida. Nel mondo romano la Dea Februa (Giunone) veniva celebrata alle calende di febbraio.
La dea è conosciuta con vari nomi: Brigid (Irlanda), Brighid (Irlanda), Bridget (Irlanda) versione anglicizzata dell’originale gaelico. Brid, Bríd (Irlanda), Bride (Scozia), Brìghde (Scozia), ffraid (Galles), Breo Saighead, Berecyntia (Gallia), Brigan, Brigandu (Gallia), Brigantia, Brigantis (Bretagna), Brigindo (Svizzera).
Non è corretto tuttavia affermare che la festa cristiana della Candelora, celebrata il 2 febbraio, sia subentrata all’antica ricorrenza di Imbolc. Innanzitutto non esiste nessuna evidenza del fatto che Imbolc fosse celebrata in epoca pre-cristiana al di fuori dell’Irlanda (da cui provengono gli unici resoconti scritti), mentre la festa della Candelora ha origine nel bacino del Mar Mediterraneo. L’una e l’altra festa coincidono in quanto appartengono entrambe al calendario astronomico-stagionale, essendo il 1º febbraio il punto equidistante tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera.
I riti collegati a Santa Brigida ricordano che la Sposa (bride in inglese), dea della fecondità, sta per tornare: i pronostici legati ai rituali di inizio febbraio indicavano al mondo contadino se il ritono della primavera era imminente o tardivo e consentivano quindi di calcolare il tempo propizio per le semine.
Un modo per festeggiare la dea era preparare la croce di Brigid, è questa una delle più diffuse usanze irlandesi associate a St.Brigid. La costruzione della “Cros Bride” (Croce di St.Brigid) potrebbe aver avuto origine da un simbolo solare, non è difficile infatti scorgere in essa la somiglianza con una svastika. Secondo alcuni, la croce rappresenta anche la ruota dell’anno, sacra alle dee, che segna i cicli della natura. Ci sarebbe anche una corrispondenza dei quattro bracci della croce con i cosiddetti “quattro aspetti della dea”: la Vergine, la Madre, la Strega e la Vecchia Saggia.
La croce di St.Brigid viene tradizionalmente intrecciata nel giorno della vigilia del giorno della sua festa (la vigilia del 1° febbraio) e posta in casa, solitamente sulla porta, per benedire tutti quelli che entrano o escono, e per ottenere protezione della casa contro il fuoco e le malattie. Spesso una croce veniva posta nella stalla per proteggere gli animali e per assicurare la produzione del latte. In alcuni luoghi è diventata un simbolo di pace e benevolenza e veniva offerta come segno di un desiderio di amicizia e riconciliazione dopo una lite.Nel neopaganesimo e nel paganesimo Imbolc è uno degli otto sabbat, che attualmente si celebra il primo o il 2 febbraio (quest’ultima data più utilizzata in America, forse per una confusione con la Candelora). Nell’emisfero sud si celebra in agosto. |
LUPERCUS e San VALENTINO
San Valentino, oggi nota come festa degli innamorati, è una delle tante ricorrenze ormai del tutto commercializzate, le cui origini pagane furono cancellate dalla tradizione cristiana con la sovrapposizione di un santo, e talvolta con la perdita del significato originale della festa.
Come ben sappiamo i popoli antichi, per lo più dediti alla pastorizia e all’agricoltura, tenevano in grande considerazione i momenti più importanti del ciclo della natura, dal suo risveglio, al raccolto, alla nascita degli agnelli e dei vitelli e tutto quanto era connesso ai ritmi della terra e della vita agricola.
Ne è dimostrazione la ruota dell’anno del calendario celtico, ove ogni festività segna un importante momento di passaggio nel ciclo della natura e come conseguenza nella vita dell’uomo che vive a contatto con essa.
Ebbene, Febbraio era un mese particolare, che segnava il passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile.
Un mese da molte culture dedicato alla purificazione, ma anche il mese in cui si manifestano i primi segni del risveglio della natura.
Le prime gemme erano pronte a fiorire, mentre negli ovili già nascevano gli agnelli, e i lupi, affamati dal lungo inverno, scendevano a valle in cerca di cibo, minacciando i greggi.
Così i romani, che con i lupi avevano indubbiamente un rapporto di odio e amore, per via della lupa che allattò i famosi gemelli, si rivolgevano al loro dio della natura selvaggia in cerca di protezione.
Lupercus era il nome di questo dio, un fauno cacciatore di ninfe, sposo e fratello di Fauna, una delle tante rappresentazioni femminili di Madre Natura.
Si narra che Lupercus proteggesse i greggi dai lupi e riscuotesse in cambio tributi di cacio e ricotta dai pastori.
In suo onore gli antichi romani celebravano ogni anno un’importante festa, chiamata i lupercali, che guarda un po’, si svolgeva proprio il 15 febbraio.
I FAUNI
Sin dai primi secoli dell’era cristiana, molte divinità pagane vennero demonizzate e in particolare i Fauni, associati ai Satiri e ai Silvani, si trasformarono in orribili diavoli, precisamente con le corna, gli zoccoletti e la coda.
Nel medioevo infatti, tutte queste divinità attirarono l’astio dei cristiani per il loro aspetto animalesco, per i loro doni profetici, ma soprattutto per il loro carattere istintivo ed erotico, connesso ai culti della fertilità.
Infatti Agostino, in un celebre passo de «La città di Dio», scrisse che secondo testimoni degni di fede, Silvani e Fauni eran volgarmente chiamati «incubi» e avevano rapporti erotici con le donne umane.
Successivamente, Marziano Capella aggiunse che le foreste inaccessibili agli umani, i boschi sacri, i laghi, le fonti e i fiumi erano popolati di Fauni, di Satiri, di Silvani e di Ninfe, di Fatui e di Fatue, esseri dotati di poteri profetici e talmente longevi da apparire agli umani immortali, sebbene tali non fossero.
Naturalmente erano pericolosi per i cristiani, di cui risulta evidente, da questa descrizione, il terrore e l’orrore nutrito nei confronti della Natura selvaggia, viva, numinosa, e dunque, ai loro occhi, diabolica: la stessa Natura con cui la Strega era in armonia, e destinata, per questo, ad essere perseguitata.
Fu così che la festa di Fauno fu gradualmente sostituita con la festa di S. Valentino, dedicata agli innamorati, ma senza connotazioni sessuali. La cosa buffa è che la chiesa stessa soppresse questa festa dal 1969, ciò nonostante continua a comparire su alcuni calendari, fortemente promossa non tanto dagli innamorati quanto dai mass media e dalla grande industria del consumisto che nel nome dell’amore fa i suoi ricchi bottini.
|
OGRONIOS
(Mese del freddo o Tempo del ghiaccio o ancora, tempo del gelo)
Per i celti Ogronios era il quindo mese del calendario, contava 30 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Febbraio a Marzo.
Abbreviato anche nella forma ogronn, del nominativo ogronnios od ogronnos. È attestata anche una forma ogronu, che potrebbe essere però un errore di compilazione da parte degli autori del Calendario di Coligny. Il significato del termine sembra piuttosto chiaro e deriva dal celtico insulare ougro- che significa “freddo”. Lo stesso significato lo troviamo nel termine arcaico irlandese ùar e òcht e nel gallese oer. Ogron è perciò un mese moderatamente freddo in rapporto a Riuros, mese del “grande freddo”. |
CUTIOS
Mese delle Invocazioni conosciuto anche come Tempo dei venti, per i celti era il sesto mese del calendario; questo mese contava 30 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Marzo ad Aprile.
Lo troviamo al nominativo come gutios, cut- e al genitivo cutio, qutio, quti. Da notare l’alternanza della “c/q” con la “g”, già presente anche nel termine indicante il mese di cantlos/gantlos, con una netta predominanza della “c/q”. Cutios/Gutios è prossimo al termine dell’irlandese arcaico guth “voce” e al gallico gutuater “invocatore”. Il significato della parola sarebbe dunque: “mese delle invocazioni”. |
GIAMONIOS
Tempo dei germogli, sta a significare la Fine dell’Inverno e per i celti era il settimo mese del calendario; questo mese contava 29 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Aprile a Maggio.
E’ Giamon l’abbreviazione di giamonios o giamonis, dall’etimologia molto chiara in quanto la parola contiene direttamente il termine gallico che indica l’inverno giamo-. Potrebbe in tal senso indicare l’inizio o la fine dell’inverno, ma il nome del mese successivo, Simiuisonna, contenente il termine celtico per la primavera non lascia dubbi sulla seconda ipotesi.
|
BELTANE – Beltaine – Rodmas
Beltane è un momento in cui le energie della luce e della vita si manifestano nel loro aspetto più gioioso e trionfale. Questo è un tempo in cui celebriamo il ritorno dell’estate e della fertilità, periodo di scampagnate e feste all’aperto. E’ un periodo dell’anno in cui di solito ci sentiamo fisicamente bene, in cui i nostri bioritmi si sono adattati alle accresciute ore di luce e ci siamo lasciati alle spalle i momenti critici della fine dell’inverno e dell’inizio della primavera. Quindi è il momento adatto per operare, per condurre a realizzazione le cose che ci siamo prefissati di compiere. Anche psicologicamente i nostri pensieri si volgono all’esterno, per fare e operare. Questa estroversione stagionale fa sì che questa sia un’epoca propizia ai nuovi amori e alle nuove amicizie, come anche al rafforzamento delle relazioni già esistenti. E’ il momento di passare più tempo con gli altri. E’ anche tempo di stimolare la nostra creatività e la nostra fertilità interiore.
Beltane o Beltaine (dal gaelico irlandese Bealtaine o dal gaelico scozzese Bealtuinn; entrambi dall’antico irlandese Beletene, “fuoco luminoso”) è un’antica festa pagana gaelica che si celebra attorno al 1º maggio. “Bealtaine” (pronuncia IPA /ˈbʲɑlˠ.t̪ˠə.n̪ʲə/) è anche il nome del mese di maggio in irlandese ed è anche tradizionalmente il primo giorno di primavera in Irlanda. È il giorno situato a metà fra l’equinozio di primavera ed il solstizio estivo, astronomicamente il giorno corretto è il 5 maggio.
Fonti gaeliche del X secolo affermano che i druidi accendevano dei falò sulla cima dei colli e che vi conducevano attraverso il bestiame del villaggio per purificarlo ed in segno di buon augurio. Anche le persone attraversavano i fuochi, allo stesso scopo. L’usanza persistette attraverso i secoli e dopo la cristianizzazione (i popolani sostituirono i druidi nell’accendere i fuochi), fino agli anni cinquanta. La celebrazione sopravvive ancora oggi in alcuni luoghi, dove principalmente le persone vengono fatte passare attraverso i fuochi. Una celebrazione di Beltane si tiene ogni anno la notte del 30 aprile a Calton Hill, presso Edimburgo (Scozia), a cui partecipano circa 15.000 persone.
Beltane è una festività prettamente britannica e irlandese, non estesa a tutti i popoli celtici, dato che i Gallesi, i Bretoni ed i Galli non celebravano questa ricorrenza.
Nel Druidismo, Beltane indica una delle otto festività legate al ciclo delle stagioni. Nella Wicca Beltane o Beltaine indica uno degli otto sabbat, celebrato il 1º maggio. Anche se la festività riprende alcuni aspetti della festa gaelica (come i falò), sembra più legata alla celebrazione germanica di Calendimaggio, sia per il significato di festa della fertilità che per i rituali (come la danza attorno ad un palo ornato di fiori e stringhe, di cui ogni danzatore tiene un’estremità). Beltaine viene celebrato con una rappresentazione rituale del rapporto fra il Dio e la Dea.
Beltane (fuoco luminoso) o Primomaggio è il giorno con cui incomincia la fase estiva delle attività legate alla terra e una volta era il momento in cui il bestiame veniva portato ai pascoli dopo lo svernamento e la benedizione dei falò accesi a Beltane, appunto i fuochi di Beltane – ricorda la Rede:
“Quando la Ruota incomincia a girare
comincino i fuochi di Beltain a bruciare.”
Tradizionalmente si saltava attraverso i falò di Beltane per predire l’altezza del raccolto dai salti effettuati. Beltane celebra l’amore, l’attrazione, il corteggiamento, l’unione, e tutti quei piccoli e grandi desideri istintivi che chiamiamo “febbri” o “amori” primaverili. Molto prima che fossero inventate le elezioni di miss “quellochevolete” o, specialmente in USA, a fine corso venissero incoronati la reginetta ed il re del Liceo (o simili), i villaggi eleggevano una bella giovane coppia per rappresentare il re e la regina di Maggio, che nei paesi anglosassoni venivano chiamati John Thomas e Lady Jane. Comunque alla festa di Beltane il popolo danzava intorno al palo piantato al centro dello spiazzo dove si teneva la festa, un palo ben piantato a terra che si innalzava verso il cielo, un palo simbolo di vitalità; e non serve che vi illumini su che simbologia traspare in un palo piantato nel ventre di Madre Terra. Poi si raccoglievano i fiori e si passavano notti insieme sotto le stelle nel bosco.Beltane è il tempo del latte e del miele, il periodo che più degli altri i Pagani dedicano al piacere. Dopo il risveglio primaverile i corpi sono pieni di energia. Adesso siamo nelle ore piene del mattino immaginario della Ruota dell’Anno. Il tempo migliore per sbocciare e fiorire, desiderio e soddisfazione. Beltane è una delle feste principali nel calendario popolare ed è celebrato con miele, focacce di farina d’avena e formaggi. Il motivo di questo è ovvio. Cercando simboli per l’altare di Beltane, ricordate che la mucca e l’ape saranno le immagini della Dea; loro creano il miracolo del latte e del miele.
|
SIMIVISONIOS
Indica il periodo di “Metà primavera” e Per i celti era l’ottavo mese del calendario, questo mese contava 30 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Maggio a Giugno.
Detto “Simiuis” in forma abbreviata e nel calendario di Coligny la troviamo anche trascritta in semiuiso-, simiuiso-, -sonna- ecc. Il nominativo è simiuisonna e con tutta probabilità è un parola composta dal prefisso simi- o semi- “mezzo”, da cui il latino semi, il greco hemi-, il sanscrito sami- e il termine uisonna- che indica anche nell’indoeuropeo arcaico la primavera e che diventa in gallese arcaico guiannuin, nel cornico arcaico guaintoin, da cui uesnteino, in latino uer, in greco éar, in sanscrito vasantà- ecc. Ossia, traducendo letteralmente: metà della primavera. Un’altra ipotesi vede nel termine sonna- il nome del sole e lo equipara a sonno-cingos “corso del sole”, ma in questo caso non viene preso in considerazione il prefisso simi- per cui l’interpretazione non è accettabile; nonostante tale considerazione il suo significato è spesso interpretato come “tempo di lucentezza” o “tempo chiaro”.
|
EQUOS
Tempo dei Cavalli; per i celti era il nono mese del calendario, questo mese contava 30 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Giugno a Luglio.
Il nome di questo mese rappresenta un piccolo enigma, se sembra evidente che faccia riferimento ai cavalli avendo come omologo il termine greco indicante questi animali, con la trasformazione labio-velare della sequenza k + u in p, non si comprende allora perché ovunque altrove i celti indicassero i cavalli con la radice epo-! Si suppone perciò che il termine equos sia un arcaismo la cui conservazione sia giustificata all’interno di un documento istituzionale quale il calendario druidico oppure che il termine sia derivato direttamente dal latino all’epoca della trascrizione dalle fonti orali del calendario stesso (I sec. d.C.).
|
LITHA
21 giugno – Solstizio d’Estate – festa delle luci
In questo giorno – conosciuto come il piu’ lungo dell’anno – il sole culmina allo zenith, ovvero si trova nel punto piu’ alto della volta celeste; la durata delle ore di luce è cresciuta, mese dopo mese, ed in questo giorno ha finalmente raggiunto il suo culmine. Il Solstizio d’Estate è infatti il giorno più lungo dell’anno ed è l’opposto di Yule. In questo giorno di luce e vita, il Dio Sole, che è anche il Signore delle Foreste, ha il suo picco di forza.
Le giornate solstiziali nelle tradizioni precristiane erano sacre e ancora oggi cio’ si riflette in una festivita’ cattolica che cade qualche giorno dopo il solstizio canonico, al 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la nativita’ di San Giovanni Battista.
Anticamente invece la festa era “Midsummer” cioe’ Mezza Estate: i riti solstiziali che si svolgono in particolare a Stonehenge richiamano sempre migliaia di persone.
I giorni solstiziali includono alcune fra le celebrazioni piu’ popolari dell’Occidente e poiche’ il sole trionfa nel cielo, le antiche tradizioni collegavano questo periodo dell’anno con la comunicazione diretta fra visibile e invisibile.
Il solstizio d’estate, anche chiamata Alban Heruin o Mezza Estate, si dedica a “Litha”, nome di origine sconosciuta che probabilmente nasce nella tradizione Sassone.
Seduto sul suo trono verde dona energia vitale alla Terra e alle sue creature, che possono così godere dei suoi caldi raggi e dell’abbondanza di cibo.
La Dea invece, dopo l’unione con il Dio durante Beltane, è ora incinta e aspetta di dare alla luce i frutti della Terra, passando così dall’aspetto di Fanciulla a quello di Madre; onoratela accendendo candele ed incensi e meditate sull’importanza del passaggio all’aspetto di Madre!
Con questa festa si onora il Dio in tutto il suo splendore e, come nell’antichità, si accendono dei falò. Un tempo, quando le fiamme si abbassavano, era usanza saltare questi falò per attirare così la buona sorte e questa tradizione in alcuni paesi (compresa l’Italia) è ancora viva.
Litha è una giornata da festeggiare con allegria, guardando il sole sorgere e tramontare, ballando, passeggiando in mezzo alla Natura e soprattutto raccogliendo erbe: infatti in questo giorno le erbe raggiungono il loro massimo potere magico e lo
conserveranno per tutto l’anno; saranno quindi ottime da utilizzare nei lavori magici.
|
ELEMBIU
Mese del Cervo, Elembiuos per i celti era il decimo mese del calendario, questo mese contava 29 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Luglio ad Agosto.
Lo troviamo abbreviato anche in Elemb. Il termine contiene in maniera molto evidente la parola indoeuropea che indica il cervo elem-(bhos), affine al greco élaphos (elnbhos) “cervo”, al gallese elain (elani), all’irlandese arcaico elit (elnti) “capriolo, cervo”, ecc. L’elembiu celtico ha forti corrispondenze con il nono mese del calendario greco-attico durante il quale si celebravano feste dedicate alla dea della caccia Artemide.
|
LUGHNASAD
1° agosto – Festa del Grano
In Agosto ricorre la festività celtica e pagana di Lughnasad, una festa di ringraziamento per il raccolto che viene chiamata anche “Festa del Grano”.
“Lughnasad” (che troviamo scritto anche come “Lughnasadh” o “Lughnasa”, e in Irlandese moderno “Lúnasa”, il nome gaelico del mese di Agosto) è una festività che la tradizione celebra indicativamente il 1° Agosto. Questo è il periodo del raccolto dei cereali per i paesi celtici del nord Europa, dove la maturazione avveniva più tardi. Lughnasad era una delle quattro feste principali della religione celtica, l’ultima grande festività del calendario e il suo nome significa “commemorazione o assemblea di Lugh”. Secondo la tradizione dedicata a Lugh, il dio del Sole della mitologia celtica. Lugh viene chiamato con gli attributi onorifici di Lamfada, «dal Lungo Braccio» (una rappresentazione del raggio solare) e Samildánach, «dalle molte arti». Venerato poiché abile in ogni arte conosciuta, di cui è anche divino ispiratore, in questa particolare festa era celebrato come distributore di ricchezze. Per i popoli antichi queste ricchezze erano cibo per tutti, il “pane quotidiano”.La festa celtica di Lugnasad divenne successivamente la festa di LAMMAS che ancora si celebra il primo di agosto seguendo le antiche tradizioni. Nella tradizione contadina scozzese è come il nostro giorno di San Martino, quando vengono pagati i terreni in affitto e si rinnovano i contratti. Lugh in questo contesto diventa la divinità del grano che non muore mai perchè il grano tagliato rinasce come farina e pane. Nella festa sopravvivono antiche tradizioni e celebrazioni allo “spirito del grano”: nell’ultimo mietitore che raccoglieva l’ultimo covone entrava questo “spirito del grano”. In tempi antichi egli era sacrificato e le sue ceneri sparse nei campi. Poi si passò a sacrificare animali e bruciare fantocci, ma il significato era sempre quello: il sacrificio della divinità primordiale, che moriva come re del grano e il cui sangue benediceva la terra, garanzia di futuri e abbondanti raccolti.
|
EDRINI (o Aedrinios)
Fine dell’Estate, Edrini per i celti era l’undicesimo mese del calendario, questo mese contava 30 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Agosto a Settembre.
Trascritto anche come aedrini-, probabilmente un arcaismo del periodo nel quale il dittongo ai non si era ancora contratto in ē, analogamente al caso di equos con la sua labio-velare inattesa. Il significato è ancora sconosciuto, ma alcune ipotesi vedono in edrini- la radice aidh- che significa “ardore, fuoco” da cui poi il termine latino aestas da cui è derivata la nostra parola “estate”. In tal caso potrebbe significare l’inizio o il termine dell’estate, e vista la posizione del mese nel calendario si dovrebbe interpretare come “Fine dell’estate”. Se si considera il significato della radice aidh- possiamo interpretare il termine come “Fine del periodo dell’ardore” nel senso in cui in questo periodo dell’anno cessavano le guerre, come è poi attestato anche storicamente. Quest’ultima ipotesi è però meno consistente della prima, da preferirsi.
|
MABON
21 Settembre – Equinozio d’Autunno
L’Equinozio d’Autunno è nuovamente un momento critico nel percorso del Sole che incrocia l’equatore celeste, ma in senso inverso rispetto all’Equinozio di Primavera perché passa dall’emisfero settentrionale dello zodiaco al meridionale, scendendo negli «inferi» o, se preferite, nell’«Altro Mondo». Ancora una volta Luce e Tenebra saranno uguali per un giorno, ma in questo caso sarà il «principio dell’Oscurità» a crescere. La terra è ancora ricca di frutti, e i colori dell’abbondanza la adornano ma già la prima fase del raccolto si conclude, presto la Natura sarà nuovamente fredda e dura e senza frutti, per questo, presso i popoli antichi l’equinozio autunnale era un momento di solenne celebrazione.
Nella religione Wicca e nei movimenti Neo-pagani l’equinozio ha preso il nome di Mabon, dedicato alla divinità celtica Maponos. In realtà presso i Celti quella che oggi chiamiamo «Mabon» non era una ricorrenza ben definita ma, come nel caso di Ostara, si trattava di una festa intermedia, una sorta di prolungamento della ricorrenza precedente (Lughnasadh) e l’annuncio di quella successiva (Samhain). Il nome più corretto per indicarla sarebbe, appunto, «mezzo autunno» e sebbene vi siano prove di tali celebrazioni, esse, presso la cultura celtica, non sono segnate da nessun rituale preciso. Tuttavia, nel Calendario di Coligny la XV Cantli (Nota 1) riporta la dicitura Tiocobrextion. Se alcune interpretazioni attuali del sistema di datazione del calendario sono corrette, questa data cadrebbe, all’incirca il 29 Settembre. Secondo gli studiosi, questo nome risulta dallo sviluppo dialettale dell’espressione «teg (es) okomrextion» e cioè «mettere in ordine la casa», interpretazione che, in effetti, risponde alla corretta descrizione dello spirito di Mabon, cioè della «celebrazione della casa e del raccolto», poiché, ora ci apprestiamo a raccogliere, e la nostra vita torna a svolgersi in casa, sia in senso stretto sia in senso metaforico, in altre parole, all’interno di noi stessi.
In effetti, come abbiamo detto in precedenza, con l’Equinozio l’Oscurità prende di nuovo il sopravvento, l’«energia Giamos» (Nota 2) diventa sempre più forte e sempre più presente nei ritmi del mondo naturale: gli uomini e tutti gli esseri del Creato faticano per riallinearsi con il mutevole ordine delle cose.
Come ormai abbiamo ripetuto più volte, mentre l’energia «Samos» (tipica del periodo primaverile/estivo) porta verso l’esterno, l’espansività, l’azione, l’energia «Giamos» (opposta alla prima) conduce verso l’interno, l’introspezione, il raccoglimento, la meditazione. Così, una volta che le attività inerenti il raccolto saranno concluse definitivamente, la stagione buia potrà stabilirsi appieno donando al mondo il necessario periodo di riposo, contemplazione e inazione. Maponos, il Signore dell’Estate, il figlio della Luce, la manifestazione del Samos, deve lasciare il suo posto di amante della terra a Cernunnos, il proprio rivale detronizzato.Altra interpretazione di Mabon (come seconda delle feste del raccolto) è quella che lo descrive come il momento della discesa della Dea nel mondo del sotterraneo. Con il suo allontanamento, vediamo il declino della natura e l’arrivo dell’inverno. Tra l’altro è un mito classico, antico, visto nella storia sumera di Inanna e in quella greca e romana con Demetra e Persefone. In Settembre, dobbiamo anche dare il nostro saluto al Dio del Raccolto. Egli è L’Uomo Verde, visto come il ciclo della natura nel regno dei boschi. Egli è il raccolto ed i suoi semi sono piantati nella terra in maniera tale che la vita possa continuare ed essere sempre più abbondante. Il simbolismo di questo Sabbat è legato ai Misteri, all’Equilibrio, al momento in cui la notte e il giorno sono uguali. Alcuni simboli di Mabon sono l’uva, il vino, le ghirlande, le pigne, il granturco, le foglie secche, le ruote del sole, il melograno. Mabon è il momento per celebrare le divinità antiche e gli spiriti del mondo. Ciò che bisogna fare per mabon è ringraziare, infatti alcune delle attività pagane da prendere in considerazione sono quelle di fare il vino e celebrare i defunti. E soprattutto è il momento giusto per fermarsi e rilassarsi, essere felici. Anche se non coltiviamo la terra e non ci guadagniamo da vivere come i nostri antenati, ciò non vuol dire che non mettiamo impegno in ciò che facciamo. Mabon (“Grande Figlio”) è un Dio gallese. Era un grande cacciatore con agile cavallo e uno splendido cane da caccia. Probabilmente è la mitologizzazione di un grande condottiero del tempo. Fu rapito dalla madre, Modron (Grande Madre), quando aveva solo tre giorni, ma fu salvato da Re Artù (altre leggende raccontano che fu salvato da un gufo, un’aquila ed un salmone). Però durante questo tempo, Mabon ha vissuto, prigioniero felice, nel mondo magico di Modron — il suo grembo. Solo in questa maniera può rinascere. La luce di Mabon è stata portata nel mondo, raccogliendo la forza e la saggezza, in maniera da trasformarsi in un nuovo seme. In questo senso, Mabon è la controparte maschile di Persefone, il principio maschile fertilizzante. Modron corrisponde a Demetra. Dall’equinozio autunnale, la forza del sole inizia a diminuire, fino al solstizio invernale, quando il sole inizia a crescere d’intensità e i giorni diventano nuovamente più lunghi delle notti.
|
CANTLOS
(Tempo dei canti rituali)
Cantlos per i celti era il dodicesimo mese del calendario, questo mese contava 29 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Settembre ad Ottobre.
Il significato del termine cantlos, con la variante gantlos così come per il mese Cutios/Gutios, probabilmente è simile a quello dell’irlandese arcaico cétal “= canto, recitazione”, del gallese cathl “= canto, poema, inno”, del bretone quentel = “canto liturgico”, tutti contenenti la radice indoeuropea kan- = “cantare”, da cui il latino cano. Cantlos è dunque il mese del canto rituale.
|
SAMON
(Mese dell’incontro con gli Avi)
Samon per i celti era il primo mese del calendario, questo mese contava 30 giorni e, relazionandolo all’attuale suddivisione dell’anno, andava da Ottobre a Novembre.
Il termine originale samonios o samonos o anche samonis lo troviamo in altre forme abbreviate: samo-, sam- e samoni al genitivo. Il termine sembrerebbe contenere la particella samo- che sia nelle lingue galliche che nell’indoeuropeo significa “estate” ed essendo posizionato esattamente a 6 mesi di distanza dal mese di Giamoni(o)s, il cui significato è attestato come “Fine dell’inverno”, la traduzione che sembrerebbe essere più probabile è “Fine dell’estate”. Nonostante queste apparenti evidenze è forse più verosimile che Samonios abbia anche altri significati, lasciando al mese di Edrini il compito di chiudere ufficialmente la bella stagione, anche in accordo con i tempi agricoli. Secondo alcune ipotesi sempre più accreditate tra gli studiosi il termine irlandese Samain così come il gallico Samoni(o)s, pur contenendo il prefisso samo-, avrebbe poca attinenza con l’estate, anzi alcuni ritengono che potrebbe addirittura fare riferimento al solstizio invernale anche se tale ipotesi è poco accreditata. In effetti è verosimile che il significato di samonios sia prossimo a quello di “assemblea, riunione”, da cui l’antico irlandese samain (termine che deriva da essaim e che indica le api), anche in sanscrito sàmanam significa “assemblea, riunione, festa”, nell’antico norreno saman significa “insieme, gruppo”, infine la radice indoeuropea sem-, som-, sm- significa proprio “insieme”. Dal gallico samoni(o)s deriva indubbiamente il nome della festa panceltica di Samain, dedicata ai morti. Infatti troviamo sul calendario di Coligny in coincidenza con il 17º giorno di Samonios l’indicazione trinox samo[ sindiv (trinoxtion Samoni sindiu) “da oggi la festa delle tre notti di Samonios”. La festa è ancora celebrata oggi sotto altri nomi e secondo il folklore moderno durante questo periodo le entità soprannaturali e gli spiriti degli Avi e dei morti in generale entrano in contatto con i viventi. Ricollegando perciò la festa di Trinoxtion Samoni alla moderna festa irlandese di Samain, passata in tempi più recenti al resto del mondo anglofono come Halloween, e facendo riferimento poi a allocuzioni simili in greco e sanscrito il significato diventa “momento (luogo) di incontro con gli Avi” o “riunione con i Padri” (sm-uid- e sam-vid).
|
OSTARA
Ostara (chiamata anche Eostre, Eastre oppure Eostar) è uno degli otto sabbat pagani; si celebra il giorno dell’equinozio di primavera ed è condivisa relativamente da tutte le religioni pagane moderne. La festa è di origine germanica, infatti prende il nome da quello della dea Eostre, patrona della fertilità. La divinità si diffuse, con relativo culto e usanze festive, a tutta l’Europa toccata dalle invasioni germaniche. Essa aveva alcune affinità con divinità di culture più antiche come in Grecia, quella di Estia, e nell’impero romano Vesta. La festa di Ostara celebra la rigenerazione della natura e la rinascita della vita, coincidente con l’equinozio di primavera. Nell’antichità, per l’occasione, le sacerdotesse della dea, celebravano un particolare rito che involveva l’accensione di un cero (che venne in seguito assimilato dalla tradizione cristiana)[senza fonte] simboleggiante la fiamma eterna dell’esistenza. Il cero, all’interno dei templi dedicati alla dea, veniva spento solo all’alba del giorno seguente. Durante la festività venivano celebrati rituali ierogamici, anche oggi ripresi da alcune correnti del Neopaganesimo, e in particolare da alcuni gruppi wiccani, durante i quali la rinascita della vita veniva esaltata e sacralizzata attraverso l’unione sessuale. I popoli anglo-sassoni chiamavano il mese lunare corrispondente all’incirca al nostro aprile, Eostre-monath, e in questo periodo celebravano feste in onore della dea Eostre associata a vari aspetti connessi col rinnovarsi della vita quali la primavera, la fertilità e la lepre (per la velocità con cui prolifica). Con la diffusione del Cristianesimo la festa di Ostara venne assimilata dalla Pasqua, la cui data di celebrazione cade presso il primo plenilunio successivo all’equinozio di primavera. La nuova festa cristiana, ancora priva di un nome, in certe lingue assimilò anche la nomenclatura della vecchia festa. Ancora oggi, infatti, in inglese la Pasqua è chiamata Easter, e in tedesco Ostern. Anche parecchi elementi della tradizione antica furono inglobati dalle festività attuali, tra questi si possono citare il coniglio pasquale, simbolo di fertilità e prosperità e l’uovo, simbolo dell’embrione primordiale da cui scaturisce l’esistenza (concetto di uovo cosmico già presente in antichi miti della creazione della zona mediterranea ed in molte altre culture extra europee) (vedi Uovo di Pasqua).
Oestara. E’ la magia del nuovo inizio, nel meraviglioso equilibrio di luce e buio dell’Equinozio di Primavera (da equum nocti, uguale alla notte). Siamo al Mattino del Mondo, nella luce crescente e chiara che rende i giorni del buio un ricordo che inizia ad annebbiarsi. Nell’equilibrio, nell’armonia di luce e buio, luna e sole, maschile e femminile, ci viene incontro un mondo nuovo, ricco di promesse, di fertilità, di apertura, di possibilità e colori. La Primavera, stagione di espansione, di creatività e di danza gioiosa. La natura ci viene incontro nella grazia e nella vitalità della sua fanciullezza e tradizionalmente le feste legate all’equinozio celebravano dee fanciulle come Persefone-Kore, dea greca dal duplice volto di fanciulla e regina degli inferi. E dunque Ostara, l’Equinozio di Primavera, è anche il momento dell’incontro della Dea e del Dio fanciulli e della loro danza. E’ infatti per tutti il momento in cui si esce dall’interiorità del lungo inverno e avviene il primo incontro con l’Altro, con l’avventura e la magia della scoperta di ciò che non è noi, con l’innamoramento e la trasformazione. E’ il primo incrociarsi degli sguardi, il sorriso che scaturisce, la luce di quello che è già un nuovo mondo. E’ il momento adatto per aprirsi ai sentimenti e viverli nella loro totalità, per rinascere con la Natura e fondersi con la Madre Terra, celebrarla e gioire della Vita che sboccia e si manifesta in tutte le sue forme.
|