Fonti, evidenze, interpretazioni e domande
“La ricerca di matrice storica, storico-artistica o filologica non può che basarsi su un documento, l’archeologia invece, ove voglia esplorare epoche, aree, popoli o anche solo livelli sociali mal documentati, potrebbe e dovrebbe muoversi non solo sull’analisi di documenti, di evidenze, ma anche sulle possibili risposte alle domande da essa analisi inevitabilmente suscitate, ricostruendo quindi un possibile paesaggio storico, economico, materiale, mentale con il dare risposte possibili a domande concrete, arricchendo così di possibili orizzonti il processo euristico irrinunciabile “evidenza > interpretazione”, e affiancandone uno per così dire inverso, “domanda > possibili risposte > possibile interpretazione delle evidenze”; questo nella consapevolezza che già quella che consideriamo una “evidenza” – in quanto tale oggettiva – è spesso di per sé solo un’interpretazione, elaborata in passato da altri – le nostre “fonti storiche” – o anche elaborata oggi da noi stessi, interpretazione che prendiamo come dato oggettivo e che – in quanto tale – impedisce di porci quelle domande che rendono incerto il dato, ma arricchirebbero di possibili scenari la nostra interpretazione della “evidenza”, interpretazione che rimane sempre un’ipotesi, come un’ipotesi è la lettura del dato, non necessariamente oggettiva, non necessariamente oggettivo.”
ESTRATTO:
Armando Cherici — Mercenariato celtico e commerci d’oltralpe — Mobilità geografica e mercenariato nell’Italia Preromana Atti del XX Convegno Internazionale di Studi sulla Storia e l’Archeologia dell’Etruria a cura di Giuseppe M. Della Fina — annali della fondazione per il museo «claudio faina» volume XX — Orvieto nella sede della fondazione, edizioni Quasar, 2013